martedì 30 novembre 2010


tomba di fra dionisio da barletta presso la parrocchia santuario immacolata dei frati cappuccini dove riposano le spoglie mortali del frate.

sabato 27 novembre 2010


FRA DIONISIO E BARLETTA
un legame che dura da 250 anni

Commemorato, nella ricorrenza della sua morte, presso il Santuario dell’Immacolata di Barletta. Dopo la celebrazione eucaristica, presieduta da mons. Giovan Battista Pichierri, sono seguite alcune relazioni

“Barletta non sarà quanto prima più famosa sol perché dalla sua ‘cantina’ partirono, pel leggendario tratturo, i suoi tredici che ricattarono in gola a tredici francesi l’insulto di un valore inesistente e che divenne trastullo di Ettore e di Fanfulla da Lodi sul terreno in cui i Galli vinti morsero la polvere. Barletta sarà pure famosa pel suo Santo, per il beato Fra Dionisio, cappuccino, al quale dette i natali nel 1682. Fra Dionisio è per Barletta e per questa insigne parte della provincia di Bari, come S. Serafino da Montegranaro per le Marche, come il B. Ignazio da Laconi [attualmente santo] per la Sardegna inferiore”.
Valga anche per oggi e soprattutto per il futuro, in vista dell’apertura di un eventuale Processo Storico di Beatificazione, l’augurio espresso nel 1941 dall’onorevole Antonio Marino, terziario francescano, nella Prefazione alla seconda edizione della biografia del Servo di Dio barlettano, scritta da fra Antonio da Stigliano il quale, nella sua immane fatica letteraria, raccolse tutto il fervore suscitato nel 1938 dall’ultima ricognizione dei resti mortali di colui che già in vita fu additato come “Santo” o “Beato”.
Sarà don Sabino M. Cassatella, allora parroco della Sacra Famiglia - nel cui territorio cadeva la chiesa con annesso convento in cui il Servo di Dio fra Dionisio visse, si santificò, rese la sua bell’anima a Dio e ricevette degna sepoltura - a fissare nel periodico parrocchiale “La Voce del Parroco” la cronaca degli avvenimenti inerenti la riesumazione e la traslazione dall’antica chiesa cappuccina di “Santa Maria della Grazia” (attualmente “S. Maria degli Angeli”) alla nuova chiesa dell’Immacolata. Dal diffuso entusiasmo suscitato da tale evento fu coinvolto il Servo di Dio don Ruggero Caputo - novello sacerdote - che il giorno seguente l’apertura della cassa sepolcrale di fra Dionisio, assistette nell’ex chiesa cappuccina alla Messa Solenne “presente cadavere”, presieduta dal parroco Cassatella: era il venerdì 28 agosto 1938. Prima che le sue venerate spoglie venissero sigillate nella nuova cassa, risulta che anche il Servo di Dio don Raffaele Dimiccoli volle renderne omaggio e, con discreta insistenza, ottenne una particella delle ossa del santo frate, che conservò gelosamente presso il “Nuovo Oratorio San Filippo Neri”, dove lo additò ai suoi fedeli quale esempio mirabile di umiltà e di dedizione a Dio e ai fratelli.
Il 12 marzo 1939, in seguito alla prima edizione della già menzionata biografia, fra Bernardo da Latiano, nel complimentarsi con il suo confratello, ci tiene a precisare che quest’opera “è per tutti un gran regalo, specie poi per Barletta, ove è vivo il ricordo e la devozione verso il Santo concittadino”. È sempre fra Bernardo - avendo lavorato per svariati anni nella città di Barletta e portato a termine con tanto zelo i lavori della monumentale chiesa dell’Immacolata - ad affermare a buon diritto che “furono ripresi e menati a termine i lavori per il completamento della chiesa di Barletta, ove attualmente riposano i suoi resti mortali, quando si incrementò nel popolo la sua devozione. Furono stampate all’uopo parecchie migliaia di immaginette e distribuite ai benefattori ed agli ammalati. Molte grazie furono ottenute, mercè alla sua intercessione”. È di vitale importanza questa testimonianza diretta, in cui viene espressamente detto che se l’ardua impresa della costruzione della chiesa dell’Immacolata ebbe felice esito ciò avvenne soprattutto grazie all’incremento della devozione del popolo barlettano verso il suo mai dimenticato figlio e benefattore che, da umile frate cercatore, era passato per la città di Barletta e dintorni “sanando e beneficando tutti”.
Fra Dionisio quand’era in vita “provvisto provvide, arricchito arricchì, generosamente ricevette e generosamente dette, per quasi cinquant’anni, quel che riceveva, tanto potea dire di non poter essere insensibile al grido di dolore che saliva a lui dal tugurio cui si fermava questuando”. Per la stima che riscosse in convento e tra il popolo, possiamo però affermare che egli più che frate cercatore fu un frate “cercato”. Molti, infatti, oltre che a ricevere e a dispensargli beni materiali cercarono in lui soprattutto luce, conforto, pace. Tutta questa ricchezza scaturiva dalla sua serenità interiore, derivante dalla costante comunione con Dio.
Da quanto detto finora, si evince come in questi 250 anni dal suo beato transito, avvenuto nel lontano 21 dicembre 1755, la memoria e la fama di santità non si sono mai spente nella sua città natale. I concittadini e i confratelli, che condivisero la sua santa vita, già dopo la sua morte vollero farlo ritrarre tra i santi e beati dell’Ordine Cappuccino nella pala d’altare commissionata per la chiesa che lo vide sostare lungamente in preghiera ai piedi della SS. Eucaristia, fino ad essere scorto in estasi dai fedeli edificati. L’opera, ancora oggi visibile, fu eseguita dal noto artista molfettese Vito Calò, discepolo dell’ancor più noto pittore conterraneo Corrado Giaquinto.
Negli anni Ottanta del secolo appena trascorso, il compianto don Luigi Filannino, terziario francescano e primo parroco di S. Maria degli Angeli, volle fissare l’amore portato da fra Dionisio verso l’Eucaristia in un’artistica vetrata posta a destra dell’altare maggiore, mettendo in risalto la finestra che permetteva al santo frate di continuare dalla sua cella a fissare lo sguardo adorante verso il Tabernacolo.
Che dire poi dei suoi poveri indumenti e oggetti personali che, uniti alla “vera effige” stampata dalla litografia Sarace di Bari, furono largamente richiesti dai fedeli per sentire sempre più vicina la sua presenza benefica? Avendo sotto gli occhi i suoi lineamenti che trasparivano la santità e la bontà di Dio da sempre “mirabile nei suoi santi”, molti attribuirono alla sua potente intercessione alcuni favori e miracoli.
A proposito dell’autenticità dei pochi oggetti appartenuti al Servo di Dio, in massima parte custoditi in casa del signor Domenico Lovero e nel 1934 ancora presenti presso il signor Giovanni Trotta, ne fa fede un attestato di p. Celestino da Barletta, al secolo Francesco Saracino.
Tra il 1757 e il 1758, ad appena due anni dalla santa morte di fra Dionisio, il notaio barlettano Ignazio Palmitessa fu incaricato di registrare le deposizioni di chi era stato miracolato da “Fra Dionisio da Barletta santo per voce di popolo appellato”. Anche lo storico locale mons. Salvatore Santeramo, nei “Cenni biografici di Fra Dionisio Filisio” pubblicati su “La Voce del Parroco”, riporta molti casi di fedeli miracolati per intercessione dell’umile e santo frate cercatore.
Per questa familiarità con il Servo di Dio ante et post mortem, molte famiglie barlettane dettero ai loro nati il nome Dionisio. Tuttora mi risulta di alcuni che portano il nome Dionisio in onore del santo in questione. Una via cittadina a lui intestata e alcuni saggi e articoli che puntualmente si ripresentano fanno sì che il suo nome continui a tramandarsi in benedizione di bocca in bocca. Nell’ambito del territorio parrocchiale di S. Giacomo non si è mai spenta la memoria di quel famoso miracolo avvenuto nel gennaio 1750, di cui fu spettatore il mio predecessore, parroco di S. Giacomo Maggiore, don Giacinto Palmitessa. Fra Dionisio, questuante per le vie di quell’antico borgo, fu attratto in una umile casa dal pianto di una moglie e dei figli angustiati per l’amato genitore in fin di vita. Il santo frate cappuccino, nel mentre si segnò con il segno di croce e invocò il serafico padre san Francesco, ridiede vita all’agonizzante.
A conclusione non possiamo fare a meno di ricordare la bellissima preghiera “Per il Servo di Dio fra Dionisio da Barletta, cappuccino”, scritta dal mio confratello don Luigi Spadaro; è il segno di un amore sviscerato verso il nostro santo concittadino che molti di noi hanno appreso fin da piccoli in famiglia.
Possano le generazioni a venire continuare a tenere viva la memoria di questo illustre figlio di san Francesco e vanto di Barletta, affinché: “considerando attentamente il suo tenore di vita, ne imitiamo la fede. Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre”.

don Sabino Lattanzio (gennaio 2006)
tratto da: http://www.ilfieramosca.it/personaggi/fradionisio/fradionisio.html

tratto da: http://www.santiebeati.it/dettaglio/94519
Preghiera

Signore Dio nostro,
che hai scelto l’umile tuo servo fra’ Dionisio da Barletta
quale modello di preghiera continua,
obbedienza perfetta, umiltà vera e carità ardente,
e gli concedesti il dono straordinario dei miracoli in vita e in morte,
ascolta la preghiera che Ti presentiamo per le mani di lui,
figlio mite e dolce del patriarca Francesco d’Assisi.
Ispiraci gli stessi sentimenti di questo tuo Servo:
la preghiera per vederti nel mistero, l’obbedienza per ammirarti nel silenzio,
l’umiltà per conoscerti nel fascino dell’infinito, l
a carità per arderci nel tuo abbraccio.
Prendici totalmente, fino al giorno in cui, con fra’ Dionisio e tutti i santi,
ci chiamerai ad entrare in quel giorno senza tramonto
dove ci sazieremo della tua presenza.
Amen.
tratto da: http://www.santiebeati.it/dettaglio/94519
Fra’ Dionisio, al secolo Fabio Antonio Filisio, nacque nella celebre città marinara pugliese di Barletta nel 1682 da una povera famiglia di solidi principi cristiani. In giovane età, dopo aver aiutato suo padre Domenico di professione arrotino, entrò come fratello coadiutore tra i Minori Cappuccini presso il convento di S. Maria delle Grazie, ubicato nella periferia di Barletta, dando inizio al noviziato il 9 ottobre 1703. Sulle orme di san Francesco d’Assisi, condusse una vita sobria e poverissima e in tutta umiltà, tesa solo al raggiungimento della perfezione cristiana.
Fu molto dedito alla vita di preghiera: trascorreva molte ore in adorazione ai piedi del Tabernacolo. Nel contempo fu anche molto tentato dal demonio. Testimonianze dell’epoca raccontano che una volta, dopo aver reagito con tutte le sue forze alla tentazione, ebbe uno slancio mistico, nel quale gli apparve la Beata Vergine (di cui era molto devoto) che lo consolò e gli concesse di baciare il bambino Gesù.
Agli inizi della vita religiosa, al giovane fra’ Dionisio, in qualità di fratello laico, gli fu affidata la mansione di aiutare il fratello cuoco in cucina. Ben testimoniato è, inoltre, il suo ufficio di andare in giro per la città di Barletta e dintorni a chiedere le elemosine e buona parte di ciò che riceveva lo dispensava ai poveri, tanto da meritarsi l’appellativo di “Cercatore benefico”. Interveniva nelle situazioni familiari per ristabilire l’armonia, cosicché, tutti coloro che ricorrevano a lui, ricevevano pace e serenità. Attesta di lui un suo confratello: “Provvisto provvide, arricchito arricchì, generosamente ricevette e generosamente dette, per quasi cinquant’anni, quel che riceveva, tanto potea dire di non poter essere insensibile al grido di dolore che saliva a lui dal tugurio cui si fermava questuando”. Ritenuto già santo in vita, per la tanta stima e benevolenza che riscosse in convento e soprattutto tra il popolo, possiamo affermare che fra’ Dionisio, più che frate cercatore, fu un frate “cercato”.
Sono tanti i miracoli che costellarono la sua esistenza terrena. Ci sono moltissime testimonianze che raccontano di guarigioni di bambini e di ammalati, profezie e parti ben riusciti grazie all’intervento del Servo di Dio.
Nel 1755 l’umile frate, colpito da una violenta malattia, attese sorella morte il 21 dicembre dello stesso anno: aveva 73 anni. Tutta Barletta pianse la morte del “frate santo”.
Fu sepolto nel cimitero dei frati, fiancheggiante il convento. La sua fama di santità, essendosi conservata intatta nel tempo, anzi, aumentando sempre più, portò nel 1855 all’effettuazione della ricognizione del suo corpo, presente l’Arcivescovo di Trani. Fu tumulato all’interno della chiesa di Santa Maria delle Grazie (oggi Santa Maria degli Angeli).
In seguito alle vicissitudini del regime di soppressione anticlericale degli ordini religiosi del XVIII sec., i Frati Cappuccini furono costretti a lasciare con grande sofferenza anche il convento di Barletta. Voluti con insistenza dalla popolazione della città pugliese nei primi del ‘900, appena edificarono il Santuario dell’Immacolata, fu premura dei frati traslare dall’antica chiesa conventuale le venerate spoglie del loro confratello. Ciò avvenne nell’agosto del 1938. Questa traslazione fu un ulteriore atto di riconoscimento plebiscitario della fama di santità di cui ancora gode il Servo di Dio.

tratto da: http://www.santiebeati.it/dettaglio/94519